Italia, Milano 2022
Progetto: Luciano Giorgi
A due passi dall’accademia di Brera e dalla Scala, in una cornice verde silenziosa sospesa tra chiostri e palazzi monumentali, vi è una fantastica successione di architetture d’autore che passa da Vico Magistretti, a Luigi Caccia Dominioni, a Luigi Vietti, a GPA Monti, a Marco Zanuso, per ricollegarsi in lontananza con la torre al parco ancora di Magistretti.
Lungo quest’asse, tra gli altri, si trova un complesso residenziale, dalle forme esplicitamente metaboliste tra le più iconiche del dopoguerra milanese, composto da tre edifici gemelli progettati dello studio B.B.R.P nel ’68. L’appartamento occupa l’intero piano attico e superattico di uno di questi tre edifici ed è affacciato su un giardino di platani centenari.
Come per tutti i miei lavori la casa è un’opera unica, in questo caso risultato di una ‘progettazione autoriale’ all’interno di un contesto d’autore.
Il progetto è stato guidato da una parte dalla mia consueta ricerca e attitudine all’approfondimento rispetto all’involucro esistente, e dall’altra composto e articolato sull’immagine dei padroni di casa e in dialogo con questi ultimi.
Annamaria e Sergio Antonini fin dal primo momento hanno infatti espresso il desiderio di una casa propriamente milanese, che riflettesse una sobria compostezza unita ad una pesata informalità e i cui interni fossero un riflesso, seppur contemporaneo, degli esterni dell’edificio.
La necessità di una demolizione totale degli interni è emersa non appena approcciata la pianta della casa. Questa è articolata sul perimetro in forme poliedriche tutte diverse aperte sulle terrazze e disposte attorno ad un grande volume ellissoidale centrale contenente lo scenografico vano scala comune.
Dopo aver fatto ‘pulizia’, cancellando un intervento poco coerente della fine anni ’80, abbiamo voluto sia restituire spazi più ampi possibili, aggiungendo la trasparenza tipica del contemporaneo, sia riportare all’interno i materiali coerenti con l’epoca.
Accedendo dall’ingresso al piano principale ci si ritrova immersi nell’avvolgente living affacciato sui giardini attraverso grandi finestre dalle quali la luce arriva filtrata dalle chiome dei platani centenari.
Qui le pareti color burro si combinano ai soffitti satinati lucidi nello stesso colore delle pareti e al parquet in afrormosia posato a correre con cambi di direzione a spina di pesce; le essenze esotiche qui sono mescolate ai laminati lucidi bordati legno dei mobili che si alternano all’acciaio inossidabile in un gioco di riflessi tutti diversi.
In continuità con il living la sala da pranzo, così come l’accesso alla zona notte, è divisa attraverso un gioco di quinte dall’ingresso.
A sua volta il pranzo, con tavolo che riprende il verde del marmo e delle chiome fuori le finestre combinato ad un’opera luminosa di Nanda Vigo, è separato tramite una porta scorrevole in essenza noce dalla cucina omaggio agli anni ‘60/’70 con marmo verde guatemala a pavimento e parete, l’involucro dipinto interamente nello stesso verde del marmo, il tutto combinato con l’acciaio inossidabile della cucina stessa e dell’alto piano snack con sgabelli di Takahama che riprende l’abitudine tipica di quegli anni ‘60 di pranzare in cucina su un piano alto. Sopra il piano snack dittico di Landon Metz.
L’illuminazione architetturale è divisa tra gli Uso Boob di Flos, che in cucina e nei corridoi, morbidamente emergono dal soffitto a mò di cratere, e i faretti cromati semisferici a vista di Johanna Grawunder (sempre di Flos) distribuiti ad illumina-quadro in tutta la zona giorno. Anche in questo caso, il progetto è giocato sul rifiuto di un unico linguaggio, ambienti dalle geometrie chiare quasi minimaliste si mescolano ad elementi estremamente pop.
A lato del living, passando attraverso un portale che funge da contenimento colorato interamente in rosso Caccia Dominioni, si giunge nella zona notte.
Le tre suite, disimpegnate da un corridoio ricavato attorno alla parete curva centrale, sono rispettivamente di tre misure. Una più contenuta interamente rivestita in clinker con un separè in vetro opaco a dividere il bagno, una suite di dimensione standard smaltata di un profondo blu con arredi sempre bordati noce e con bagno rivestito in una combinazione di due colori di clinker e marmo nero marquina ed infine una suite più grande comunicante con una veranda affacciata sulla città che torna color burro con bagno giocato tra le due essenze marmoree bianco carrara e nero marquina con parquet e marmi nello stesso formato di doga posata a spina di pesce.
Il piano superiore, a cui si accede tramite una scultorea scala in muratura aperta sulla zona pranzo, è un tornado cromatico. Concepito come ‘un appartamento nell’appartamento’, situato all’ultimo piano del palazzo, connette le due terrazze principali una volta ad Ovest ed una volta a nord Nord il cui verde è stato scelto e disegnato dal landscape architect Marco Bay.
All’interno del volume veranda si trova un bagno, una kitchenette, un living con divani su disegno ed uno studio.
Il clinker blu, che dalle terrazze entra all’interno della casa, sale sui sottodavanzali delle finestre e si mescola al rosso delle pareti in un motivo optical giocato sulle diagonali che si rifà all’arte di Kenneth Noland e che contamina le tende così come il sofà fino agli arredi tutto realizzato su disegno. Lo studio è un omaggio all’arredo di B.B.P.R.
Così come accade per lo studio, l’arredo di tutta la casa è la conseguenza di un percorso di ricerca sia cromatica che stilistica che passa naturalmente anche per tutti gli altri maestri del moderno italiano come Mario Bellini, Luigi Caccia Dominioni, Gae Aulenti, Afra e Tobia Scarpa e Gio Ponti fino ad arrivare a Nanda Vigo e ad Anna Castelli Ferrieri.
Il tutto dialogante con un attenta progettazione di arredi su disegno in continuità con l’estetica di quegli anni.
Il design di tutta la casa, pensato e reperito con il supporto puntuale della galleria Luisa Delle Piane, si confronta con una collezione d’arte prettamente italiana, seppur con qualche eccezione, da Irma Blank a Carla Accardi, da Giulio Paolini a Enrico Castellani sino ai più giovani Landon Metz e Mandla Reuter.
Uscendo sulle grandi terrazze, che sfalsate caratterizzano gli esterni di tutto il complesso, si possono scorgere da un lato la città storica, con la Madonnina, la Scala e la Torre Velasca, oltre che la vicinissima Pinacoteca di Brera, e dall’altro la città contemporanea delle nuove torri, che svettano silenziose.
Il risultato finale è un appartamento rispettoso della tradizione, ma che non rinuncia a mostrare, oltre che un lato sobrio e composto richiesto dai clienti, una matura anticonvenzionalità.